- Data di pubblicazione
- 21/10/2019
- Ultima modifica
- 28/11/2023
Bocche inutili
Ester è nel campo di concentramento di Fossoli. Una ragazza ebrea di 40 anni, di nazionalità italiana, rimasta sola dopo il rastrellamento del ghetto romano nel quale è stata arrestata tutta la sua famiglia, neomarito compreso.
A Fossoli Ester cerca di sopravvivere mentre attende di essere spostata in un altro campo di concentramento. L’angoscia e la paura crescono di ora in ora, con il moltiplicarsi delle violenze perpetrate ad opera dei soldati tedeschi che hanno appena preso il comando del campo. Stringe amicizia con Ada che l’aiuta grazie al suo circuito di posta clandestina ma che purtroppo viene spostata in infermeria e così anche l’unica figura un po’ rassicurante che aveva trovato, l’abbandona.
Ma Ester non si perde d’animo e, insieme ad altre donne della camerata, tenta il tutto per tutto, pur di salire su quel camion che la porta in un campo che non sia quello della morte sicura: Auschwitz.
14 ottobre 1944, stazione ferroviaria di Ravensbrück, provincia del Brandeburgo a 90 chilometri a nord di Berlino.
Un treno merci giunge in stazione, i vagoni vengono aperti, vomitano una massa che di umano, già adesso, ha ben poco. Tutte donne, semisoffocate dalla mancanza d’aria tipica di quei carri bestiame, ferite dal filo spinato che copre le prese d’aria, schiantate nella volontà dalle urla incomprensibili e dall’abbaiare dei mastini.
Tra le donne riconosciamo Ester, rimasta sola in questo viaggio interminabile, che la conduce insieme a molte altre nel campo di concentramento di Ravensbrück conosciuto come «l’inferno delle donne».
Ester, una volta condotta nel blocco, nella sua camerata, incontra le nuove compagne che con lei condivideranno questo inferno. Una doppia caratteristica le unisce: l’appartenenza ad uno stesso genere e alla medesima nazionalità. In quel turbinio di emozioni: paura, spavento, timore, spaesamento, vuole conservare almeno una speranza: essere accolta da quelle stesse persone che, come lei, non sono più in grado di riconoscere neppure se stesse.
All’interno del blocco, l’unico punto di vista sull’esterno è una finestra. Quei vetri logori, unti, sono la sottile membrana che separa il mondo d’orrore esterno con l’unica parvenza di vita che è all’interno, nata dalla vicinanza di quelle donne a cui è rimasto solo il senso dell’accoglienza l’una per l’altra a rendere quello stralcio di vita degna di essere vissuta.
Nella notte Ester non si sente bene. Rischia di vomitare, ma si trattiene. Lia, una delle compagne del blocco, se ne accorge. Scopriamo così che Ester è al terzo mese di gravidanza. Ester e Lia segretamente si accordano, nella speranza di far sopravvivere la nuova vita.
Ma quando di mezzo c’è il sacrificio della propria vita, della propria dignità, ci si può davvero fidare l’una dell’altra? Ester verrà tradita? Lei e il bambino sopravviveranno?