Anita Rivaroli: dalla Romagna alla Berlinale Talents

L'autrice e sceneggiatrice cesenate ci racconta questa importante esperienza e ci parla dei progetti futuri

27 febbraio 2025

Si divide tra Roma, Milano e l’Europa, ma ha scelto il cesenate – sua terra di origine – come approdo felice per la sua vita e la sua creatività. Stiamo parlando di Anita Rivaroli, sceneggiatrice e regista a cui il cinema nazionale e internazionale sta guardando con interesse. La Regione Emilia-Romagna aveva già puntato sulle sue capacità, sostenendo il suo debutto alla regia con il documentario We are the thousand, in cui ha raccontato l’incredibile arrivo dei  Foo Fighters a Cesena con la conseguente nascita dei Rockin’1000, attualmente la più grande rock band al mondo. Come autrice Anita ha invece firmato le serie tv SKAM, Summertime, Tutto può succedere, unitamente ai film Time is up e al sorprendente Gloria!, storia al femminile che ha conquistato il pubblico, co-sceneggiata e diretta da Margherita Vicario. La professionalità di Anita ha attirato l’attenzione della prestigiosa Berlinale Talents –  iniziativa di sviluppo dei talenti del Festival tedesco – che l’ha selezionata tra le promesse dell’ultima edizione, rappresentando così il cinema del nostro territorio. Ecco che cosa ci ha raccontato di questa esperienza.

Si sono spenti gli schermi della Berlinale e delle sue attività. Quest’anno eri una dei 200 selezionati della Berlinale Talents. Eri l’unica professionista dell’Emilia-Romagna. Ci fai un bilancio di questa tua esperienza? Raccontaci com’è andata.
Berlinale Talents seleziona ogni anno 200 filmmakers provenienti da tutto il mondo e lì fa stare insieme per una settimana offrendo think tank, talk, workshop e laboratori che permettano loro di confrontarsi su determinate tematiche. Il tema di quest’anno era ‘Listen courageously’, ascoltare con coraggio, un tema che mi ha risuonato forte e che mi ha permesso di condividere pensieri e preoccupazioni sul futuro della nostra professione, ma anche più in generale sul momento storico che stiamo vivendo. É stata un’esperienza unica, molto intensa, ma anche divertente perché mi ha permesso di conoscere ottimi professionisti che spero potranno diventare futuri collaboratori. L’intento della Berlinale Talents, infatti, è proprio quello di connettere i professionisti del cinema, creare spazi sicuri e inclusivi dove chiunque possa sentirsi libero di portare la propria esperienza, con l’obiettivo comune di scrivere storie che decodifichino il mondo di oggi, sempre più violento e ingiusto. Per me sono stati sette giorni di preziosi confronti e scoperte. Torno a casa con un forte senso di appartenenza e con la voglia di rimettermi al lavoro con tante idee nuove.
C’è stato un incontro o un evento particolarmente significativo per te?
L’incontro con Tilda Swinton è stato commovente. L’attrice ci ha donato un discorso profondo e sincero su cosa significa essere Artisti oggi, sulle sfide che tutti noi viviamo per riuscire a fare il nostro mestiere. I suoi incoraggiamenti e la sua visione ci hanno letteralmente commosso. Anche l’incontro con Michel Franco è stato decisamente spassoso. Il regista è stato molto concreto nel darci consigli e soprattutto nell’infonderci coraggio su come far sentire la nostra voce.
Questa partecipazione ti ha aperto nuove prospettive? Modificherà i tuoi progetti?
Torno a casa con l’umore alto e l’entusiasmo di chi ha appena conosciuto tanti professionisti talentuosi con i quali iniziare nuove collaborazioni. E non parlo solo di registi, sceneggiatori e produttori, ma anche compositori di colonne sonore, direttori della fotografia, sound designer, scenografi, costumisti, audience designer… perché il nostro è un lavoro di squadra, siamo tutti filmmakers. Confrontarmi con persone da tutto il mondo ha significato ascoltare con coraggio argomenti che di solito vogliamo ignorare: mettersi in discussione, aprirsi all’altro, avere opinioni differenti eppure riuscire a mantenere un dialogo pacifico. Le esperienze come queste ridimensionano la nostra visione del mondo e ci mettono in scala con una totalità che non può che arricchirci. Oltre ai progetti che sto portando avanti qui in Italia, spero proprio di avviare collaborazioni con produzioni europee e non.
A cosa stai lavorando ora?
Sto lavorando al mio secondo documentario e ad un lungometraggio, mio debutto alla regia nella finzione. Continuo altresì a collaborare con registi e artisti come sceneggiatrice: è un lavoro che amo e che spero di non dover abbandonare. Lavorare con gli altri, piuttosto che in solitaria, mi piace molto di più e mi rende più prolifica.
Quanto le tue origini influenzano il tuo lavoro?
Lo influenzano a tal punto che sono tornata a vivere in Romagna! Difficile trovare un senso di casa forte come quello che ho qui: dopo tanti anni divisa tra Milano, Roma e il mondo ho ritrovato un senso di radicamento profondo, una pace interiore e una nuova vitalità creativa. Mi sono trovata a riscoprire la mia terra per la prima volta. Qui sto gettando le basi per progetti di formazione cinematografica e stringendo i legami con le case di produzione del territorio.